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Sciarada


Scoprirne la combinazione e le non-parole, le tante poche parti ed il totale… dimenticatoi invadenti.
Recidi pure i fiori… si può potare la memoria dai ricordi imperituri?

Unica destinazione: finire… e tacerne la fine.

Bouquet omaggio del pensiero al pensiero collettivo, quasi corolla di valenza positiva… e dietro le quinte il suo soccombere, come le ali spezzate di un pensiero che resiste. .. nemmeno caducità delle cose, pre-valenza negativa di un addio insito in ciò che muore, perché ciò che muore presuppone che sia vissuto anche solo un attimo… prima.

Così non è?

Corolle di finzione, depredate del profumo, incapaci persino di marcire, immemori dell’aria intrappolata nell’istante. Scelte di plastica… il loro non concepire coaguli maldestri che ribollono “dopo” in urne consacrate.

Sconsacrato sarà già il ricordo, servire un’alacrità inutile perché?

Lui qui già non “è”…non è necessario che “non sia più”. Umani lo depredammo del suo odore, colore, sapore… mosso il primo passo a favore del rifiuto, ed è discarica il suo cimitero…

Colori finti. Inventati e tralasciati… non sanguinano… non vibrano… non deteriorano… di loro stessi sono “privi” dimentichi di vita. Vita è già memoria nel presente come potrebbe possederla l’oggetto che non l’ha mai posseduta?…se non nelle mani sconosciute… nel respiro metallico di messa a punto …in catene di montaggio.

Sottratta è la tridimensionalità, luogo grezzo, apparentemente asciutto,
supporto statico… solo… non-luogo
astratto e piatto per cromatismo, spirale che intrappola fasi
dissolutiva e…costruttiva azione dell’evento improvviso,
intangibile perché non convenzionale.
Sovrastare quella terra, isola che non c’è …spremendo tutto l’immaginario che c’è… tutto l’inocularsi del possibile dentro, filtrare quel razionale a trattener le scorie di impurità emozionali.
Percorro la strada e mi chiedo cos’è quel che non riesco a guardare, quel che mi fa abbassare lo sguardo?
Ci vorrebbe un luogo capace di disconoscere la memoria, di lasciar marcire i ricordi,
modalità interiore…inodore, incolore,
un luogo permeabile… a lasciar scorrere, per perdersi altrove, umori eventuali, tra le sue pieghe di corazza carsica.

Dimenticatoio o foiba… forse non cambia.
C’è più memoria nel tentativo di iconizzare un siffatto non-luogo che in tutto quello che la storia ci tramanda, compresa la storia personale e non solo quella universale.
Il rammentare spaziale questo luogo, abbandonato da qualsiasi dio e qualsiasi uomo, forse è evocare la stessa memoria che fermenta a dispetto di ogni tentativo di credere nella possibilità di questa strada alternativa.
Il tempo torna, giocando a nascondino con lo spazio circostante. Il tempo torna sempre a completare lo spazio. Tesse la sua ragnatela di sottili verità passate già di moda. Un tempo di ragnatela che, meditata o impulsiva che sia, ha il suo tempo necessario per formarsi e, a volte, è lo stesso pensiero involontario, irrazionale a tessere quei fili… nel tempio immobilizzato dalla sottrazione del carpe diem alla somma delle possibilità.
Mi fermo ancora un po’ a leggere il silenzio che impregna… che spacca, quel seme di dolore e tristezze antiche, quella sì è ancora vita… e mi chiedo se davvero esista la possibilità per la memoria di esser resettata… se è solo un difetto da correggere la non-dimenticanza, se errore è essere immuni dal richiamo del suo svuotarsi… se in un ricordo c’è un universo vissuto al di sopra degli schemi… non vorrei mai perderlo… anche se è dolore

Paola Tinchitella tutti i diritti riservati

“(…)Corrugo la vita sulle preoccupazioni presenti… ci sono solchi che partendo dallo sguardo arrivano fino alla punta dell’alluce. Non smentirò niente, ricordando supererò il mio presente.
Memoria coagula in quell’inizio di vita rappreso, vilipeso e offeso. Fecondare opportunità non vuol dire vederne nascere il risultato. A volte abortisce anche un pensiero, figuriamoci un futuro mai nato.
Rappresaglie di mesi in fiumi di noncuranza, negligenze della speranza che incrocia le dita e poi ti volta le spalle.
Uno strappo al cuore dolente sanguina in sordina, mentre uno strappo al pudore del silenzio… dà fiato alle trombe. Eppure è già così lontano per amarne il suono d’esistenza e si confonde ad un infante cielo… infausto.
Beato chi non s’accorge dei passaggi e delle ouverture
beato chi non s’accorge degli eventi e delle uscite di scena prima dell’apparizione
beato chi non s’accorge delle croci infilzate in corpi che da tempo hanno smesso di pregare… delle vie crucis condotte in solitudini amniotiche… dei camposanti che riposano nel ventre.(…) “da Orior

“Nostalgie genuflesse ad un ricordo… idolatria della speranza, questa pazza illusione che si crede immortale solo perchè hanno diagnosticato per lei che debba essere l’ultima a morire. Qui la speranza giace addormentata da mille anni. A lei questo epitaffio”