UTOPSIA di Dario Falconi


Finita la lettura di Utopsia , ho provato ancora più amore per questo nostro vocabolario dimenticato dalla comunicazione verbale e scritta, sono rimasta soverchiata dalle sue visioni del reale così attente e anarchiche, non nel senso politico del termine, ma nel senso di una sua capacità di distaccarsi dalla visione concordata dal branco, del precostituito e dello stereotipato e di trovare una chiave di lettura tutta sua… finalmente qualcuno che sottolinea il valore di uno sguardo individuale che restituisce la dignità di essere pensante, fuori da ciò che per convenzione ci viene tramandato o comunque viene assunto come dato di fatto incontrobattibile. L’autore guarda la realtà che ci circonda, nell’istante in cui avviene l’incidente che l’ha generata, la frantuma e poi la mescola ad ingredienti attinti alla sua personalissima e approfondita cultura. Leggere le sue visioni del reale è come guardare la realtà fatta in pezzi attraverso un caleidoscopio. Un processo raffinato di ribaltamento dell’ovvio, che ottiene avvalendosi di una conoscenza profonda della lingua italiana, travolta oggigiorno dall’insapienza e dagli slang. Periodi saturi di contenuti disarmanti in un’antilettura della visione standardizzata di politica, sociale, rapporti interpersonali, religione, quotidianità. Dialoghi come intermezzi pubblicitari giocati anch’essi sulla sua capacità di utilizzare la nostra lingua in maniera smodata ma mai sguaiata, svincola le parole dal loro significato primario, modifica attraverso lo sguardo interiore il legame principe tra significante e significato, restituisce nuovi suoni a parole desuete, obsolete e in un batter d’occhio un arcaismo diventa postmodernità. Il mio consiglio? Leggetelo una prima volta e poi una seconda volta: quando sarete allenati alla sua scrittura, coglierete più sfumature!



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