Archivi del giorno: novembre 23, 2010

Prosit – Line and Circle Project di P. Tinchitella e M. Seduta.


Nella solitudine tutto si rinnova, si modifica, si trasforma…tutto può amplificarsi o ridursi ai minimi termini. La solitudine tutto può: così un dolore passato può diventare ancor più assassino oppure essere sfoltito della sua tridimensionalità e diventare senza peso; così la gioia di un momento può assorbire tanta luce da diventare luminosa fino a rasentare la felicità oppure essere privata della musicalità e diventando muta, perdere maestosità fino a divenire silenziosa pace.
Ma lei è una compagna ingannevole: silenzio tra i denti, risposte mancanti, amarla è aver già perso la partita, sentirne la pace è solo sentire più vicina la morte.

La solitudine è una compagna sleale.
L’abbraccio, provando ad amarla come se non mi avesse mai offeso. La stringo a me, biblicamente ne conosco la carne ed il respiro, fatti di me.
La solitudine è una compagna sleale.
Si immola insostituibile per ogni buionotte da contemplare e poi si perde in una fuga, spergiura il non ritorno al seguito di uno sguardo. Inerpicandosi su colline mentali, illusione di vette ancora vergini, si perde sulle labbra delle stelle.

La solitudine è una compagna sleale.
T’illude che la sorte migliore sia in un mondo che ha dissipato le sue sorti. Ti guarda in silenzio precipitare nelle ombre allungate di una nuova alba, mentre le macerie di una gioia costruiscono distese interminabili, incapaci di mettere a fuoco il punto finito dell’orizzonte lontano.

PROSIT from Paola Tinchitella on Vimeo.

La solitudine è una compagna sleale.
E’ solo una bestia affamata di domani, mentre si sazia di ieri. Mentre divora l’oggi, mi rammenta di essere Idra dalle troppe teste, nove più qualcuna tanto il tempo mi avanza per contarle.
Mi guarda e mastica ore piene di gioia inghiottita dal silenzio e con la bocca ancora piena, incurante del galateo e del mio disgusto, biascica: “esci”… perché lei è compagna sleale, l’ho già detto, sa bene che se non mi lascio contaminare dalla vita, poi non saprei che farmene di lei. E’ il suo modo di trattenermi a sé, senza sentirne la prigionia. Gode mentre in ginocchio davanti a lei mi lecco le ferite.